La fragilità umana raccontata attraverso la fotografia “sollecitatrice della coscienza dell’uomo”

  16 gennaio 2019

Un primo spazio scuro, dominato dal nero; il secondo ambiente bianco, luminoso, quasi accecante. Un gioco di luci e ombre che “racconta l’uomo nella sua più intima fragilità” - spiega Sara Michielin, studentessa della Facoltà di Scienze della Comunicazione sociale. Un’insolita lezione quella avvenuta lo scorso 19 dicembre per gli studenti del corso di Teoria e Tecniche dell’Immagine sotto la guida del prof. Tommaso Sardelli, i quali hanno potuto visitare, presso il Museo delle Arti del XXI secolo di Roma, gli scatti di uno dei maggiori fotografi contemporanei italiani: Paolo Pellegrin.

La mostra «Paolo Pellegrin. Un’antologia» ospitata al MAXXI fino al 10 marzo 2019 è un viaggio interiore che “accompagna il visitatore in un cammino fisico e mentale che si dipana lungo tutto il percorso espositivo. In un dialogo visivo di sorprendente intensità emotiva” che “si sviluppa in due ambienti cromaticamente antinomici”. Emerge il dolore e il tormento descritto dalle immagini di distruzione, usurpamento della libertà, fino ad arrivare in un secondo ambiente in cui gli scatti restituiscono al visitatore la potenza della natura “profonda e dirompente che ancora una volta può essere letta in modo antropologico come elemento selvaggiamente vitale contrapposto alla fragilità umana”.

Pellegrin è riconosciuto come uno dei più importanti fotografi di guerra al mondo e in un’intervista del 2015, a proposito del ruolo del reporter di guerra, ha dichiarato che: “Le situazioni sono eticamente delicate e vanno trattate con più attenzione. Ad ogni modo tento di avere un approccio sempre identico, basato sulla correttezza e l’attenzione verso l’altro”.

Una lezione che ha stimolato i giovani studenti FSC a vivere “gli spazi interiori del comportamento umano” resi in modo fine e penetrante attraverso il potente linguaggio della fotografia, “sollecitatrice della coscienza dell’uomo”.