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Per rinnovare la Chiesa c'è bisogno di sinodalità

Una nuova cornice interpretativa, per ripensare la pastorale giovanile in termini sinodali
  26 aprile 2021

“La sinodalità è al cuore dell’opera di rinnovamento della Chiesa promossa da papa Francesco”, lo afferma il prof. Marcello Scarpa nell’ultimo numero di Salesianum, la rivista scientifica dell’Università Pontificia Salesiana. Questa affermazione è confermata dal coinvolgimento di “alcuni nuclei familiari nei due Sinodi sulla Famiglia (2014 e 2015)” e dal discorso tenuto il 17 ottobre 2015 nella Cattedrale di santa Maria del Fiore a Firenze in occasione del 50° anniversario d’istituzione del Sinodo dei Vescovi, dove il Pontefice ha affermato che “Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”.

Una frase di carattere programmatico con la quale il Papa, di fatto, pone “la sinodalità a fondamento della stessa vita della Chiesa” così come attestato dall’annuncio del prossimo Sinodo dei Vescovi, che si terrà nel mese di ottobre del 2022, sul tema: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.

Si va così dischiudendo uno scenario ecclesiale che richiede non solo di approfondire “la sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa” ma anche, all’interno di questa rinnovata cornice interpretativa, di ripensare la stessa pastorale giovanile in termini costitutivamente sinodali.

Ripercorrendo, nell’introduzione, la letteratura teologica degli ultimi decenni, il prof. Scarpa individua due motivi che sottolineano l’importanza della sinodalità in ambito pastorale: il primo riguarda l’opportunità di coinvolgere tutto il popolo di Dio nella vita della Chiesa, di cui si è membra gli uni con gli altri nell’unico Corpo di Cristo, perché “l’assenza di una componente dal corpo ecclesiale diventa sofferenza (cfr. 1Cor 12,12), ovvero mancanza di vitalità, per l’intera Chiesa e la sua missione evangelizzatrice”; il secondo elemento riguarda, invece, il “camminare insieme in discernimento evangelico”, come condizione di possibilità per una Chiesa aperta alle novità dello Spirito e libera “dall’autoreferenzialità e dal comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così”.