Convegni e formazione

Tavola rotonda, SOGNI DI DON BOSCO: Storia, spiritualità ed educazione

Il 30 novembre si è tenuta una lettura del fenomeno onirico così come veniva raccontato da Don Bosco
  5 dicembre 2023

Il 30 novembre scorso, Centro Studi Don Bosco, la Facoltà di Scienze dell’Educazione e la Facoltà di Teologia dell’UPS hanno organizzato una tavola rotonda intitolata: “Sogni di don Bosco: Storia, spiritualità ed educazione”.

In linea con il tema della strenna del Rettor Maggiore per il 2024 (Il sogno che fa sognare. Un cuore che trasforma i “lupi” in “agnelli”), è stata proposta una lettura del fenomeno onirico così come veniva raccontato da don Bosco con una modalità interdisciplinare.

Che cosa può dire la psicologia contemporanea rispetto allo studio dei sogni?

Da sempre il sogno è stato considerato un’esperienza umana particolarmente significativa, una forma di conoscenza. Dalla fine del’800, con la nascita della psicologia scientifica, il sogno è diventato oggetto di studio della scienza, prima con la psicanalisi e, successivamente, con gli studi neuroscientifici. Ha introdotto la tavola rotonda il prof. Antonio Dellagiulia, Decano della Facoltà di Scienze dell’Educazione, illustrando la natura e la funzione del sogno e, infine, rispondendo a un interrogativo: come possiamo, alla luce delle recenti conoscenze approcciare in una prospettiva psicologico il tema dei sogni di Don Bosco?

Partendo da una definizione del manuale dell’American Psychological Association (APA), il sogno è uno stato mentale che si manifesta nel sonno ed è caratterizzato da una vasta gamma di esperienze sensoriali, motorie, emotive e cognitive. I sogni si presentano molto spesso ma non esclusivamente durante i periodi di sonno REM, nonostante la vivida intensità dei sogni può essere difficile ricordarli, se non risvegliati dal sonno REM, ma anche in questo caso molti dei contenuti non possono essere accuratamente ricordati. Dalla definizione emerge come sia arduo ottenere un’accurata memoria del sogno e, per questo, le tecniche di raccolta del materiale onirico si sono maggiormente affinate, nonostante non si possa raggiungere ancora una oggettività in senso assoluto.

Se dovessimo immaginare su un continuum delle prospettive rispetto al significato del sogno, da un’estremità ci sarebbero coloro che pensano che il sogno abbia un significato oggettivo, il sogno ha, quindi, un significato; nell’estremità opposta, quella delle neuroscienze cognitive, i sogni non avrebbero alcun significato e sarebbero semplicemente manifestazioni di episodi vissuti in un periodo precedente.

Tra le due posizioni estreme si pongono visioni variegate ma in cui sono stati captati elementi comuni del fenomeno onirico, come la sua struttura narrativa, della quale è possibile fare un’analisi secondo categorie interpretative; la narrazione del sogno può essere letta come un’azione sociale, o meglio, guardando all’azione sociale della narrazione del sogno, così l’interpretazione del sogno risulta essere un evento comunicativo che coinvolge tre elementi: un inviante, ricevente e referente, dove il legame tra messaggio e referente consentirebbe l’interpretazione del sogno.

In questa prospettiva, si avrebbero tanti racconti del sogno quanti sono i possibili interlocutori, i destinatari della narrazione e le diverse finalità. Quest’ultima prospettiva, che vede l’interpretazione del sogno come un processo narrativo, è interessante per la lettura dei Sogni di Don Bosco: il sogno di Don Bosco assume o manifesta un senso che si rivela nell’atto della narrazione; quindi, scoprendolo o costruendolo nel momento stesso in cui viene raccontato il sogno, e ogni volta che viene narrato acquista un senso sempre diverso.

I Sogni di Don Bosco possono costituire, così, un interessante materiale da leggersi, adattando i criteri di analisi della struttura narrativa, considerando l’atto di narrare il sogno quale azione in un contesto sociale, chiedendosi non che cosa il sogno mi può dire della personalità di Don Bosco (in assenza anche di evidenze scientifiche), piuttosto che cosa voleva comunicare con la narrazione del sogno, con la consapevolezza che nell’atto del narrare il suo significato viene costruito.

Io racconterò la cosa come la sognai, ciascuno prenda la parte sua. Una prospettiva storica è stata data dal prof. Paolo Vaschetto, studioso di storia della Chiesa ed esperto dei Sogni di Don Bosco, a sottolineare l’aspetto narrativo dei sogni oggetto della tavola rotonda, il cui significato si concretizza nell’atto del raccontare con le persone a cui erano destinati questi sogni. I Sogni di Don Bosco sono una storia “da archiviare”?

Ecco quanto emerso dalla lettura delle fonti. Secondo le ricerche avviate dal professore, il cui scopo è quello di rintracciare le fonti primarie dei racconti dei Sogni di Don Bosco, tali racconti sono da considerare storie, raccontate da un grande narratore come Don Bosco, e Storia, perché le sue esperienze dal carattere onirico, appunto raccontate, sono diventate nel tempo vera e propria Storia, con quel valore narrativo prezioso da conservare e usare per momenti di ricerca e formazione.

Una prospettiva, questa, che si inserisce nella visione del citato storico Salesiano don Pietro Stella, il quale già in precedenza ha affermato che “Occorre vagliare la tradizione documentaria dei sogni, prima di accingersi a farne l’analisi psicologica, teologica o pedagogica.

Alla luce del percorso di ricerca del prof. Vaschetto, sono state individuate notevoli quantità di manoscritti e stampati sparsi in settanta faldoni di documenti, scritti che riguardano strettamente Don Bosco e la sua opera. Tra i racconti di sogni di Don Bosco che sono stati rintracciati, dei quali esistono numerose varianti, allografi e autografi, ci si è soffermati sugli autografi d’autore che, redatti in modo accurato e indirizzati ai confratelli Salesiani, racchiudono l’essenza del suo magistero, o meglio, fondanti per la definizione del Carisma Salesiano. Il Sogno di Lanzo o del giardino salesiano, Cose future sulle vocazioni, il Sogno dei diamanti, il Sogno sopra don Provera, il Sogno sulle missioni d’America, il Sogno dell’Ancella del Signore, sono racconti che hanno approfondito, dunque, le seguenti tematiche: l’educazione dei giovani, le vocazioni, l’identità del Salesiano, la vita religiosa, le missioni estere, la devozione mariana. È sulla base di questi autografi che è necessario ricostruire il pensiero di Don Bosco, se lo vogliamo conoscere nella forma più originale.

Il racconto del sogno era un evento vissuto collettivamente, un laboratorio educativo con elementi di storia, scienza, romanzo, catechesi e vita quotidiana, un laboratorio in trasformazione e dialogo. Di cosa si parlava, quindi, in questi sogni, secondo le fonti analizzate? Nelle trame dei racconti possiamo ritrovare uno stimolo al perfezionamento nella vita morale, l’intenzione di Don Bosco di proporre dei valori sui quali i suoi giovani, i suoi Salesiani, i suoi educatori dovevano impegnarsi.

Tali racconti dei sogni possono considerarsi un vero e proprio sprono a raggiungere degli obiettivi. Il fine del raccontare di Don Bosco si può riassumere nella volontà di trasmettere un impatto positivo nel processo di crescita umana e cristiana di coloro che gli erano accanto. Dal punto di vista storico si può dire che i Sogni di Don Bosco sono diventati un patrimonio culturale e educativo soprattutto per tutti coloro che si ispirano agli insegnamenti di Don Bosco, da considerare sempre in un’ottica di contestualizzazione.

Dalla lettura storica sulla funzione dei racconti dei sogni di Don Bosco, la sfida per tutti gli educatori e formatori è considerare che sognare e raccontare il sogno siano due facce della stessa medaglia, come sostiene la tradizione Salesiana, lo strumento che consente al giovane del mondo contemporaneo di sognare, quindi, di imparare.

La tavola rotonda ha proseguito con l’intervento di Don Andrea Bozzolo, Magnifico Rettore dell’UPS, che ci ha mostrato una lettura teologica di uno dei sogni di Don Bosco considerato tra i più importanti: il Sogno dei nove anni. Per Don Bosco i racconti dei suoi sogni sono stata più che esortazione morale, un’esperienza orientativa. Il Sogno dei nove anni, ha sottolineato il Rettore, è arrivato alla tradizione salesiana come un dono sacro dalla forte energia spirituale.

Quali sono le premesse metodologiche che consentono a un teologo di affrontare un testo come questo? Quali contenuti legati alla teologia spirituale sono racchiusi in questo racconto?

Il "Sogno dei nove anni", a differenza di quelli più pedagogici che Don Bosco era solito raccontare ai giovani, è un racconto che Don Bosco ha tenuto per sé per almeno cinquant’anni, solo nel 1858 decide di rivelarlo al Papa, nell’occasione di una prima udienza. Nello specifico, passano esattamente cinquant’anni dal momento in cui Don Bosco fa il sogno a quando decide di scriverlo.

Possiamo, dunque, fidarci di un racconto scritto dopo tutto questo arco temporale? Anche in questo caso, in questa lettura teologica, c’è la volontà di seguire la strada narrativa nel tentativo di interpretare i Sogni di Don Bosco.

Nel Sogno dei nove anni, emergono due elementi interessanti: il concetto di sogno come intenzionalità, quell’intenzione che ha avuto Don Bosco, l’intenzione nel riorientare ciò che di negativo stava accadendo nella vicenda vissuta e sentita, anche corporalmente, nel sogno, in un agire spontaneo; il sogno come atto di fede nell’esplicita esortazione di far diventare ciò che è impossibile qualcosa di concretamente possibile.

Il prof. Michal Vojtàš, Vicerettore dell’UPS ed esperto in Pedagogia Salesiana e Direttore del Centro Studi Don Bosco, ci ha illustrato una dimensione pedagogica dei Sogni di Don Bosco.

Anche attraverso la lettura educativa dei Sogni di Don Bosco, abbiamo ritrovato degli elementi concettuali comuni alle prospettive ascoltate con gli esperti precedenti. Anche in questo caso, si è ribadito un concetto fondamentale: non è la parola “sogno” ad essere determinante, è importante, piuttosto, considerare come si manifestava nella vita dell’oratorio, dei giovani, nell’intera esperienza di Don Bosco.

Diversi elementi sono stati riconosciuti nell’applicazione dei Sogni di Don Bosco: il carattere quasi immediato della sua applicazione dopo averli fatti, quindi, una narrazione che suscita un’azione che viene messa in atto in tempi brevi rispetto al sogno fatto; la loro collocazione e l’intenzionalità dei sogni nell’educazione Salesiana, che quindi si riflette dentro questi racconti in tutte le sue tematiche più note; come i sogni arricchiscono l’educazione Salesiana, in una direzione che va dal racconto alla tradizione che conosciamo.

I Sogni di Don Bosco non sono lo strumento per l’analisi di sé, per accedere al proprio inconscio: il sogno di Don Bosco è focalizzato sul contesto, sul racconto verso la comunità, sull’oratorio, sulla comunità. Un aspetto comunitario, questo, che dal professore è stato rintracciato anche nel linguaggio che Don Bosco utilizza nei suoi racconti. A conferma di questo anche l’individuazione di tre sostantivi, in particolare oratorio, casa e scuola, in una direzione che è quella del futuro.

I sogni, per concludere, hanno rappresentato per Don Bosco una fonte di ispirazione, guida e profezia. Il suo approccio rifletteva la sua profonda fede e la sua dedizione alla causa della giustizia sociale e dell'educazione.

Ha chiuso la tavola rotonda il prof. Sahayadas Fernando, Decano della Facoltà di Teologia, le quattro relazioni ci hanno fatto rivivere i sogni di Don Bosco che hanno caratterizzato la vita dei giovani e degli educatori dei giovani, inducendoli a “sognare”, ossia a cogliere gli insegnamenti dei valori alti della tradizione Salesiana, valori ideali che innalzano l’esistenza e l’essenza della vita dei giovani. I Sogni di Don Bosco sono preziosi fonti di ispirazione per vivere e conoscere i principi del carisma Salesiano in ogni epoca e in ogni contesto culturale, sociale e religioso.

 

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